16 Set
ROMA – Lo dice l’Ocse, che è l’organizzazione dei paesi al mondo più industrializzati: non vi è certezza che i grandi investimenti pubblici e familiari su computer in classe e connessioni internet a scuola migliorino le performance scolastiche dei nostri ragazzi. Il programma Ocse per la valutazione degli studenti, guidato da Andreas Schleicher, ha elaborato un dossier – “Making the connection” – che, tra molte cautele, sostiene: “Studenti incapaci di navigare attraverso un complesso paesaggio digitale non saranno in grado di partecipare completamente alla vita economica, sociale e culturale intorno a loro”, tuttavia “i primi risultati comparativi basati sui test Pisa dicono che i quindicenni che usano moderatamente i computer a scuola tendono ad avere un miglior apprendimento dei coetanei che lo usano poco o nulla, ma quelli che lo utilizzano in modo massiccio tendenzialmente peggiorano nella lettura, in matematica e nelle scienze”. Risulta, questo, nei paesi più avanzati, che negli ultimi quindici anni hanno investito forti risorse nell’informatica. Inoltre, la tecnologia scolastica spinta allarga la forbice di apprendimento (“skills divide”) tra ricchi e poveri. In Italia siamo quarti (su quaranta) nel rapporto tra condizioni economiche e performance educative: i poveri che usano troppo internet vanno davvero male a scuola.
Nelle nazioni in cui stare online in classe è abitudine si assiste a un declino della capacità di lettura, e così nell’esercizio della matematica (sedici paesi migliorano, venti peggiorano). L’Italia è settima in digital reading, alta in classifica quindi, e sulla matematica tra il 1993 e il 2012 ha guadagnato venti punti. Il risultato, secondo lo studio Ocse, è da attribuire al fatto che da noi la cultura di internet a scuola è recente e frammentaria: non facciamo parte dei paesi che hanno investito strutturalmente sull’online e quindi non avvertiamo ancora i peggioramenti scolastici che ne derivano. Ogni quindicenne italiano usa il computer in classe 19 minuti al giorno, contro una media Ocse di 25 minuti e picchi in Grecia (42 minuti) e Australia (52)