19 Gen
Si fa sempre più evidente l’emergenza psichiatrica in cui versa il nostro Paese, col rischio che – come sottolinea e avverte da tempo la Fondazione BRF – i malati e i loro familiari vengano dimenticati. Alcuni giorni fa sul tema è intervenuto anche Massimo Ammaniti con un contributo pubblicato dal quotidiano “La Repubblica”, che qui riproponiamo. Buona lettura.
I malati dimenticati
di Massimo Ammaniti – La Repubblica – 14 gennaio 2023
I direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale si rivolgono con una lettera appello al Ministro della Sanità denunciando lo stato di agonia in cui versa l’assistenza psichiatrica
Dopo ripetute lettere ed esposti dei familiari dei malati psichiatrici anche i Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale si rivolgono con una lettera appello al Ministro della Sanità denunciando lo stato di agonia in cui versa l’assistenza psichiatrica. Ma non si tratta dell’agonia concettuale della psichiatria di cui ha scritto recentemente Eugenio Borgna in un libro con questo titolo, riguarda soprattutto l’assistenza che viene data alle persone affette da disturbi psichiatrici e agli stessi familiari che ne sono inevitabilmente coinvolti. Le sofferenze psichiche infatti contagiano gli stessi familiari dato il legame inestricabile che si crea, dovendo fronteggiare quotidianamente le difficoltà del paziente.
Va anche aggiunto che la legge 180 del 1978, col progressivo superamento degli ospedali psichiatrici, era un primo passo per realizzare una rete di servizi in grado di rispondere alle esigenze differenziate dei pazienti, processo questo avviato, ma che poi si è sempre più arenato. Durante le fasi acute del disturbo si possono richiedere periodi di ricovero con possibili forme di contenimento più continuative delle tre settimane previste oggi, anche per salvaguardare l’incolumità del paziente e dei suoi familiari. Nelle fasi successive si richiedono interventi psicoterapici e farmacologici per favorire la reintegrazione della personalità dei pazienti e l’inserimento sociale più attivo. Qualora si instauri una cronicizzazione del disturbo occorre realizzare soluzioni residenziali, ancora più necessarie quando non ci sia più la famiglia ad occuparsi del proprio familiare in difficoltà.
Naturalmente per realizzare questi progetti occorrono psichiatri e psicologi qualificati data l’usura mentale per il contatto prolungato con la malattia mentale che richiede costanti aggiornamenti e supervisioni. Purtroppo il numero degli operatori si è sempre più ridotto, ne mancano più di 10.000 e quelli in servizio sono costretti a lavorare con ritmi massacranti senza potersi dedicare adeguatamente ad ogni singolo paziente. E poi durante la recente pandemia le condizioni della salute mentale della popolazione si sono fortemente deteriorate soprattutto fra i giovani ed anche fra le persone anziane. Come viene riportato in numerose indagini i disturbi alimentari degli adolescenti sono addirittura raddoppiati, come anche i disturbi di ansia e di depressione che colpiscono più del 20% della popolazione giovanile. Anche i tentativi di suicidio fra gli adolescenti sono aumentati addirittura del 75%, una vera pandemia che suscita dolori e sofferenze nelle famiglie.
E come ha recentemente scritto in un giornale un padre che ha dei figli adolescenti con gravi difficoltà psichiche si sente solo e disperato nel dover affrontare i loro comportamenti provocatori e autolesivi, che richiederebbero ricoveri più prolungati. Purtroppo i vincoli giuridici non lo consentono, a meno che non li denunci alla giustizia penale e il giudice possa disporre il prolungamento delle restrizioni terapeutiche. Sarebbe una soluzione estrema e poco accettabile anche perché creerebbe in famiglia un clima familiare incandescente che peserebbe sullo stesso percorso terapeutico.
Purtroppo nel PNRR non è stato previsto il potenziamento dei servizi psichiatrici, per cui giovani e anziani rischiano di essere abbandonati a se stessi e ad una emarginazione sociale. E’ vero che si è approvato il bonus psicologico, ma rappresenta una goccia nell’oceano e riguarda perlopiù persone con difficoltà psicologiche non gravi. L’investimento nei servizi psichiatrici, ricordiamolo, non solo risponde a legittime esigenze umane e sociali, determina anche ricadute economiche positive dal momento che promuove un ruolo più attivo nella società gravando meno sull’assistenza pubblica.