06 Feb
“Gli uomini devono sapere che dal cervello e solo dal cervello derivano piacere, gioia, riso, scherzo, così come tristezza, pena, dolore e paure. Grazie al cervello noi possiamo pensare, vedere, sentire” (Ippocrate, V sec. A.C)
Senza dubbio l’affermazione di Ippocrate, uno dei medici più famosi dell’antichità ed a cui si attribuisce il giuramento tuttora declamato dai neolaureati in Medicina, può sembrare confortante sull’amore, perché fa pensare che praticamente da sempre si sapesse che il cervello è la sede delle emozioni, in effetti non è così: per lungo tempo, emozioni e pensiero sono stati a lungo considerati espressioni di processi diversi, localizzati in organi distinti e, quindi, profondamente antitetici.
Per quanto riguarda l’amore, gli antichi greci ritenevano che fosse necessario l’intervento di un dio, Eros, che si divertiva a scagliare le sue frecce sui miseri mortali, rendendoli schiavi della passione, come se l’amore dipendesse da un fattore esterno all’ uomo, in grado di soggiogarlo contro la sua volontà. Eros è un dio antichissimo, la cui creazione sarebbe contemporanea a quella della terra, emergendo entrambi dal caos primordiale, oppure la sua origine viene fatta risalire all’uovo primitivo le cui metà danno origine alla terra ed al cielo: anche nel mito, si sottolinea che l’amore è una forza fondamentale del mondo, che nasce con esso, che serve ad assicurare non solo la continuità della specie, ma la coesione e l’armonia dell’universo intero. Col passare del tempo, Eros viene rappresentato con le sembianze di un bambino, eppure, sotto l’aspetto innocente, nasconde un’estrema crudeltà che si manifesta con le ferite laceranti delle sue frecce che non risparmiano né dei, né uomini. E’ chiaramente implicito in questa concezione un giudizio negativo sul sentimento amoroso, che si estende anche alle altre emozioni, considerate di gran lunga inferiori al pensiero logico. Platone, così come tanti altri filosofi e poeti, si scaglia contro Eros nel “Convivio” e lo considera un demone nato da povertà ed espediente, sempre agitato ed insoddisfatto.
Anche Lucrezio, così come i seguaci di Epicuro, dà un giudizio negativo della passione amorosa, ma nello stesso momento, ce ne offre una descrizione altamente poetica e struggente.
Cartesio localizza la sede delle passioni nella ghiandola pineale o epifisi, quindi si assiste a un ritorno al cervello che da allora non è stato più messo in discussione…