05 Dec
Imperversano nelle città, dalla periferia fino ai quartieri più centrali, compiendo atti criminali, piccoli o grandi che siano, e aumentando l’insicurezza dei cittadini. Spesso si tratta di “insospettabili”, figli della borghesia, che si rendono protagonisti di atti di bullismo a scuola o in strada, oltre appunto a commettere reati da malavitosi, come aggressioni e rapine. In altre circostanze sono soggetti con alle spalle difficoltà famigliari o socioeconomiche. Un universo variegato e per questo complesso da leggere. Fatto sta che le baby gang siano, oggi, un fenomeno in forte crescita, con le conseguenze che si leggono nelle cronache quotidiane. La questione deve essere affrontata a più livelli: politico, sociale e inevitabilmente personale, e psicologico, per arrivare a delle soluzioni efficaci, prima che il disagio possa ulteriormente dilagare. A certificare la crescita del problema è stata una recente ricerca realizzata da Transcrime dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, insieme alle istituzioni e in particolare al servizio analisi criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno e il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della Giustizia.
Il quadro che emerge è, manco a dirlo, allarmante. Anche perché non c’è una reale contezza e conoscenza delle dimensioni del fenomeno. Lo studio prova a tappare questa prima falle e «fornire una prima mappatura delle gang giovanili in Italia, mostrandone le diverse caratteristiche e la presenza sul territorio», si legge fin dall’inizio del dossier. Insomma, occorre tracciare il perimetro esatto: per baby gang si intende un gruppo composto da meno di 10 individui, al di sotto dei 24 anni. Dai dati esaminati emerge, in realtà, che in prevalenza si tratta di maschi con un’età compresa fra i 15 e i 17 anni…