21 Apr
Per arrivare a definire la neuroetica, è utile formulare, come suggerisce all’inizio del suo libro Neuroética práctica. Una ética desde el cerebro il filosofo morale dell’Università di Salamanca in Spagna Enrique Bonete Perales, alcune domande del tipo: che cos’è il cervello? come funziona? qual è il ruolo che svolge nell’esistenza umana?» (E. Bonete Perales, Neuroética práctica. Una ética desde el cerebro, Desclée, Bilbao 2010, 15-16).
Il nucleo del discorso neuroetico emerge dalle seguenti domande che trovano il vertice in quest’ultima: è possibile organizzare le società alla luce dei progressi neuroscientifici?… sono “io” qualcosa di più del mio proprio cervello? È questa “la domanda sintetica”, il nocciolo duro di gran parte del dibattito culturale, scientifico e mediatico relativo ai recenti sviluppi e applicazioni delle neuroscienze all’umano.
Come del resto hanno sottolineato il neuroscienziato José Manuel Giménez-Amaya e il filosofo Sergio Sánchez-Migallón nell’introduzione al loro lavoro De la Neurociencia a la Neuroética. Narrativa científica y reflexión filosófica del 2010: vi sono alcune domande considerate “radicali” per comprendere la scienza contemporanea e il senso dell’umano in generale:
chi siamo?, esiste qualcosa come la cosiddetta libertà?, cos’è ciò che ci rende propriamente umani?, c’è qualche forma di conoscenza oltre a quella scientifico-sperimentale?, e se è così, come si inquadra in questo contesto multidisciplinare l’esperienza e la conoscenza religiose? (J. M. Giménez Amaya – S. Sánchez-Migallón, De la Neurociencia a la Neuroética. Narrativa científica y reflexión filosófica, EUNSA, Navarra 2010, 16)