21 Apr
Prima la pandemia con le relative restrizioni, poi il conflitto in Ucraina. Tutto questo ha inevitabilmente creato nelle fasce più delicate della popolazione – cioè i minori – «fragilità, rilevate anche dall’aumento degli interventi in ambito di salute mentale e questo è un dato che abbiamo visto emergere così come l’aumento di comportamenti suicidari nei ragazzi». A dirlo è il massimo esperto del tema, il professor Ernesto Caffo, neuropsichiatra infantile e presidente del Telefono Azzurro.
Professore, partiamo da principio: quali sono le conseguenze immediate sulla salute mentale dei nostri minori?
Da una parte c’è stata una concomitanza dei fattori di rischio: nel senso che la pandemia ha sicuramente determinato una grande incertezza su quello che è il tema della salute che per i bambini e gli adolescenti è un tema centrale. Chiaramente il lutto, la perdita di persone, l’aver visto la dimensione della popolazione anziana in grande rischio e anche nelle famiglie è una sensazione di impotenza talvolta anche nei bambini e negli adolescenti. Tutto questo ha creato fragilità diffuse che si sono acuite con il conflitto in corso che ha ulteriormente ampliato la dimensione della fragilità di questi ragazzi.
Come viene vissuto tale conflitto?
Come qualcosa di fortemente vicina e prossima, perché il fatto che oggi tutti i media che i ragazzi frequentano siano così efficienti anche a dare informazioni in tempo reale di quello che avviene, come atti di battaglia o situazioni che apparentemente sono lontane, dà il senso di vivere questa esperienza come se fosse un grande videogioco in cui loro sono protagonisti o sono vittime. Questo vuol dire per i bambini ritrovarsi in una situazione che possiamo definire di confine tra il reale e il virtuale, in cui spesso sono da soli di nuovo davanti ad elementi della perdita o del lutto, della sicurezza o della sofferenza.
Ovviamente a questo si associa il rischio di disturbo post traumatico da stress così come oggi lo intendiamo: il disturbo dello stress tradizionale si allarga a qualcosa di molto più complesso e diffuso che bambini, adolescenti e giovani adulti vivono, cioè una dimensione traumatica non solo vissuta direttamente ma anche percepita o in qualche modo conosciuta attraverso i sistemi mediatici come quelli più immersivi.