14 Ago
L’Fda, l’ente federale americano che regolamenta i prodotti alimentari e farmaceutici, per la prima volta ha dato il via libera a una terapia per le convulsioni prodotta con una stampante 3D, aprendo la strada alle applicazioni anche in questo campo, dopo che il dispositivo è già entrato nei laboratori di ricerca biomedica e negli studi ortopedici in tutto il mondo.Un futuro in cui ognuno potrà «stampare» la sua pillola con la dose personalizzata e la forma preferita è insomma più vicino.
«Il dispositivo – spiega in un comunicato Aprecia, l’azienda produttrice del farmaco – permette di ottenere una pastiglia molto porosa che si disintegra istantaneamente non appena il paziente beve un sorso d’acqua, una caratteristica importante viste le difficoltà di deglutizione che si hanno nei pazienti che soffrono di epilessia». La pastiglia viene prodotta stampando strati successivi sovrapposti, e può essere caricata con diverse quantità di principio attivo.
Dopo l’approvazione da parte della Fda, potrebbe entrare in commercio nella prima metà del 2016. In passato l’Fda aveva approvato altri dispositivi medici stampati in 3D, dalle protesi ai calchi usati dai dentisti, ma è la prima volta che l’ente approva un farmaco prodotto con questa tecnica e destinato ad essere ingerito. Per l’azienda produttrice «questo è solo il primo di una serie di farmaci che vogliamo produrre con questa tecnologia. Vogliamo trasformare il modo in cui i pazienti prendono i farmaci».
L’ipotesi di produrre i farmaci stampandoli è allo studio da parte di diversi gruppi di ricerca nel mondo. Lo scorso maggio ad esempio un team dell’university College di Londra ha pubblicato uno studio che ha dimostrato come la semplice variazione della forma assunta dalle pillole, in quel caso di paracetamolo, prodotte con una stamoante, influisce sulla velocità di assorbimento da parte dell’organismo. Fra le altre applicazioni molto promettenti del dispositivo ci sono la stampa di organi, ottenuti utilizzando cellule diverse come inchiostro, ma anche la realizzazione di modelli di organi e tumori per permettere ai chirurghi di studiare il «campo di battaglia» prima di un’operazione. Accanto alle applicazioni buone però, avvertono gli esperti, ci sono anche i pericoli. Se l’avvento delle stampanti 3D ha portato alla possibilità di farsi in casa delle pistole nulla vieta nel giro di pochi anni che oltre ai farmaci si possano stampare anche le droghe.