28 Mag
Il sonno REM (Rapid Eye Movement) svolge un ruolo nel consolidamento della memoria. Fino a oggi tale funzione, nell’animale e nell’uomo, era stata immaginata attraverso sistemi indiretti, come correlazioni statistiche, interventi farmacologici, studi su persone affette da patologie del sonno REM, esperimenti di deprivazione selettiva del sonno REM. Ma non esisteva una prova neurobiologica precisa, che ora arriva attraverso questo raffinato studio effettuato sui topi, che ha utilizzato l’optogenetica, una nuova tecnica che consente di “accendere” e “spegnere” gruppi di neuroni attraverso l’uso di microstimolazioni luminose.
Il sistema utilizzato è stato complesso, perché in realtà la genesi di queste onde theta non proviene dall’ippocampo (importante “centrale” della memoria) ma da un’altra piccola struttura cerebrale, il cosiddetto nucleo del setto mediano. Da qui partono fibre che raggiungono l’ippocampo, dove viene generato il ritmo theta di cui abbiamo parlato. «I risultati di questa ricerca sono in linea con quanto osservato anche sull’uomo durante le registrazioni del sonno di pazienti affetti da epilessie intrattabili farmacologicamente e per questo studiati con elettrodi impiantati nella profondità del cervello», spiega Giuseppe Plazzi dell’Istituto di scienze neurologiche di Bologna (IRCCS). «Lo studio è molto interessante in quanto dimostra come durante il sonno REM si attivi in realtà un network complesso,e quindi non solo un “centro della memoria”, la cui integrità è indispensabile per il consolidamento dei ricordi. Questa rete di nuclei è collocata nella profondità del lobo frontale, una struttura il cui cattivo funzionamento è all’origine anche di alcune forme di demenza. I risultati ottenuti da Boyce e collaboratori confermano quanto importante sia il sonno, in questo caso il sonno REM, nei processi cerebrali. Il Sonno REM potrebbe diventare quindi uno dei possibili bersagli farmacologici per futuri esperimenti volti alla prevenzione e alla cura dei disturbi mnesici».
I ricercatori sono stati guidati dal neuroscienziato canadese Richard Boyce, dell’Integrated Program in Neuroscience della McGill University di Montreal e i risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Science.L’ippocampo è noto essere un’area cerebrale fondamentale per il consolidamento della memoria, come emerse chiaramente per la prima volta con il caso di un famoso paziente che dopo essere sottoposto a una resezione chirurgica bilaterale degli ippocampi per una epilessia farmaco resistente, perse la memoria anterograda (quella da un certo momento in avanti e non quella riferita a eventi precedenti il fenomeno, in altre parole non si possono memorizzare nuove informazioni). Nell’ippocampo, durante il sonno REM, compaiono caratteristici ritmi theta all’elettroencefalogramma (un’attività elettrica del cervello non caratteristica di questa fase del sonno) . Sono proprio questi ritmi alla base dell’azione di consolidamento dei ricordi. Infatti, quando i ricercatori, grazie alle metodiche optogenetiche, hanno “silenziato” i neuroni adibiti alla produzione di questo tipo di onde cerebrali, i topi non riuscivano più a ricordare il posizionamento di oggetti dei quali avevano precedentemente appreso la posizione.